Guarire dal male mentale. Un desiderio, una speranza.

Probabilmente chi ha esperienza di cure psichiatriche per una psicosi (schizofrenia, disturbo bipolare, disturbo schizoaffettivo) sa che raramente il suo caso viene considerato guaribile dal medico curante. Molti avranno sperimentato l'esperienza di sentirsi dire dallo psichiatra: "lei dovrà prendere psicofarmaci per tutta la vita, non guarirà mai". Ron Coleman, nel suo "Guarire dal male mentale" edito da Manifestolibri, qualche decennio fa denunciava che la parola "guarigione" non era contemperata nella letteratura psichiatrica. Nell'ultimo decennio si assite ad un piccolo ma sostanziale cambiamento culturale, e il tema della guarigione dalla malattia mentale sembra stia diventando un tema assai dibattuto negli ambienti psichiatrici. Per esempio, nelle librerie ha fatto la sua comparsa una piccola ma significativa collana interamente dedicata alla guarigione in psichiatria, Mimesis, curata dal dottor Giuseppe Tibaldi. Il prossimo convegno nazionale degli uditori di voci italiani avrà tra i suoi temi conduttori la guarigione e l'abuso degli psicofarmaci, quest'ultimo tema strettamente legato a quello della guarigione. Su Pub Med, archivio americano di pubbblicazioni mediche, negli ultimi due lustri s'osserva un aumento esponenziale degli articoli che parlano di "guarigione" e di "psicosi", che passano da pochi articoli all'anno negli anni '60 a 107 nel 2012. L'abuso della contenzione chimica fa anche la sua comparsa nell'ultimo convegno del Forum sulla Salute Mentale (http://www.cantodellesirene.altervista.org/?q=node/154 ).Sarebbe auspicabile che i servizi di salute mentale operassero orientandosi alla guarigione dei loro pazienti invece piuttosto di rimanere ancorati alla cultura della contenzione chimica a vita. Contenzione che ha i suoi pesanti effetti sulla salute del paziente, considerato che questo vive in media 35 anni in meno della popolazione generale.

Il cammino di promuovere una vera e propria "cultura della guarigione" in seno ai servizi psichiatrici è comunque probabilmente ancora molto lungo e anche irto di difficoltà. Da un lato vi sono i tagli alla spesa sanitaria, che impediscono anche agli psichiatri più volenterosi e preparati di avviare percorsi di guarigione alternativi alla somministrazione a vita di psicofarmaci. Dall'altro vi sono gli interessi delle ditte farmaceutiche, interessate più a favorire il consumo di psicofarmaci che a promuovere la guarigione dei pazienti. Da non trascurare, vi è il fatto che nell'opinione pubblica vi è una scarsa coscienza dei problemi legati alla salute mentale: convinzione comune ma errata è che il "malato mentale" non possa guarire. Infine vi è la mancanza di una vera e propria "cultura della guarigione" presso i servizi psichiatrici e i centri di formazione universitari, dove le cattedre di psichiatria sono spesso occupate da docenti in stretta collusione con gli interessi delle ditte farmaceutiche. Al riguardo, in una recente intervista, il senatore Marino ha dichiarato che le ditte farmaceutiche per promuovere il consumo dei loro prodotti hanno un comportamento simile a quello della malavita organizzata (al riguardo può essere istruttivo visionare anche "Il marketing della follia" , dedicato alle collusioni economiche tra ambienti psichiatrici e ditte farmaceutiche http://www.cantodellesirene.altervista.org/?q=node/16 ).

Il cammino verso la costruzione di una cultura della guarigione presso gli operatori psichiatrici richiede probabilmente una profonda ristrutturazione deiservizi psichiatrici stessi, che investa sia la fase della ricerca che quella della formazione professionale universitaria e post-universitaria. Ristrutturazione profonda che difficilemte avrà luogo senza una più attivo attivismo da parte delle associazioni di utenti e dei loro famigliari, oltrechè degli operatori critici.