La psichiatria in uno stato di guerra: i ricercatori sono alle prese con il problema di stabilire quanti ingaggi sono troppi per un singolo soldato.

Ritratto sorridente di Robert Bales in tenuta da combattimento

I ricercatori dicono che dopo quasi 11 anni di guerra e centinaia di milioni di dollari spesi in ricerche sulla salute mentale delle truppe, i militari sono ancora lontani dall'aver capito quanti sfruttamenti in zone di combattimento sono troppi per la salute mentale di un singolo soldato. Nella foto il sergente Robert Bales, responsabile dell'eccidio di 16 civili in Afganistan, avvenuto l'11 marzo 2012.
Di Ryan Hallock. Fonte: http://www.usatoday.com

I capi militari hanno detto che gli USA non hanno finora mai combattuto una guerra così lunga con un numero tanto piccolo di truppe, reimpiegando più e più volte sempre le stesse. La questione di quante volte un soldato possa essere "ricliclato" in combattimento senza che subisca danni alla propria psiche, rimane però ancora senza risposta, dicono i ricercatori.

"Io penso che è decisamente deludente che noi ancora non lo si conosca. Noi dovremmo saperlo" dice il capitano della marina in ritiro William Nash, uno psichiatra che ha studiato la "ripresa" dei soldati tra i battaglioni della marina americana.

Il problema dello "sfruttamento multiplo" dei soldati è una delle molte nate dopo il massacro di 16 civili in Afganistan, avvenuto l'11 marzo 2012, commesso dal sergente dell'esercito degli Stati Uniti Robert Bales. Bales, 38 anni di età, era al suo quarto "sfruttammento" in zone di combattimento quando ha sparato.

Gli scienziati dicono che molte delle problematiche riportate sul sergente Bales - cioè ripetuta esposizione a combattimenti, ferimenti e problemi personali di finanza e di carriera - sono una fonte di stress comune nelle truppe. Ciononostnate 170.000 militari in servizio sono stati sfruttati in combattimento tre o più volte senza che si verificassero incidenti.

"La questione a cui non abbiamo risposto è come identificare con precisione le persone che stanno sviluppando dei veri problemi", dice Shelley MacDermid Wadsworth, direttore dell'Istituto di Ricerca sulle Famiglie dei Militari della Perdue University.

"Decine di studi hanno esaminato l'impatto sul comportamento e sulla salute mentale, delle guerre ". Ma il lavoro è stato fatto "in modo frammentario, che offre un'analisi istantanea di un gruppo di servicemembers a un certo punto nel tempo", dice Terri Tanielian, analista ricercatore senior presso RAND Corp.

Si potrebbe dire che il Pentagono ha perso la possibilità di seguire un gran numero di truppe da combattimento durante la guerra in quello che viene chiamato uno studio longitudinale, atto a capire meglio come sviluppare problemi comportamentali, dicono Tanielian, Wadsworth e Nash.

Il colonnello Paul Bliese, uno scienziato militare, concorda riguardo alla mancnaza di studi longitudinali, ma d'altro canto dice che sono in corso importanti indagini.

L'esercito e l'Istituto Nazionale di Salute Mentale ha lanciato uno studio lungitudinale di cinque anni su 9.000 soldati in servizio nel 2011 per meglio comprenderne i suicidi.

Una serie di studi sul campo condotti dall'esercito in collaborazione con Bliese, noti come Rapporti dei Gruppi di Consulenza sulla Salute Mentale, hanno prodotto una ondata di dati che scopre i legami tra lo sfruttamento in zone di guerra e i disordini da stress post-traumatico (PTSD's).

Più promettente, dicono i ricercatori, è un massiccio studio longitudinale giocato su un arco di tempo di 21 anni, iniziato sulle truppe in forza alla marina, che vuole indagare l'impatto sulla salute fisica e mentale della vita militare. Sebbene non sia specificatamente disegnato per essere applicato ai conflitti a divenire, nello studio sono stati coinvolti 80.000 soldati e da questo stanno emergendo dati chiave, dice Nancy Crum-Cianflone, direttore dello studio.

Delle nuove ricerche pubblicate dalla Rivista Psichiatrica Britannica indicano che l'85% dei reduci dell'Iraq o dell'Afganistan mostano nell'arco di una decade piccoli o nulli sintomi di PTSD's. Il 4,5% con sintomi "cronici o in peggioramento" sono costituiti per lo più da soldati con gravi esperienze di combattimento.

***
Originale:
Researchers wrestle with how many deployments are too many
After nearly 11 years of war and hundreds of millions of dollars in research on the mental health of troops, the military is no closer to understanding how many deployments are too many for individual servicemembers, researchers say.
By Ryan Hallock, http://www.usatoday.com

Military leaders have said the nation has never fought wars this long with this small of a military, deploying troops over and over. Yet questions about how many times a soldier can recycle into combat without psychological harm remain unanswered, reseachers say.

"I think it's definitely disappointing that we don't know. I wish we did," says retired Navy Capt. William Nash, a psychiatrist studying resiliency within Marine battalions.

The issue of multiple deployments was one of many raised following the March 11 massacre of 16 civilians in Afghanistan, allegedly by U.S. Army Staff Sgt. Robert Bales. Bales, 38, was on his fourth combat deployment when the shootings occurred.

Many of the issues reported about Bales — repeated combat exposure, physical injuries and personal finance and career problems — are common stresses on troops, scientists say. Yet 107,000 service members have deployed three or more times without incident.

"The question we don't have answered is how do we get precision about picking out the people who are really going to be in trouble," says Shelley MacDermid Wadsworth, director of the Military Family Research Institute at Purdue University.

Scores of studies have looked at the wars' impact on behavior and mental health. But the work has been done "in piecemeal fashion," offering a snapshot analysis of a group of servicemembers at one point in time, says Terri Tanielian, a senior research analyst at RAND Corp.

The Pentagon may have missed a chance to follow large numbers of combat troops through the war in what is called a longitudinal study to better understand how behavioral problems develop, say Tanielian, Wadsworth and Nash.

Col. Paul Bliese, an Army scientist, agrees about the lack of a longitudinal study. But he and the others say there is important ongoing analysis.

The Army and National Institute of Mental Health launched a five-year longitudinal study of 9,000 soldiers in 2011 to better understand suicide.

A series of Army field studies of troops in combat co-led by Bliese, known as Mental Health Advisory Team Reports, produced waves of data underscoring a link between deployments and post-traumatic stress disorder.

Most promising, researchers say, is a massive, 21-year longitudinal study begun by the Navy before the war looking at how military life impacts mental and physical health. While not tailored specifically to the conflicts to come, 80,000 troops enrolled in the study have deployed and key findings are emerging, says Nancy Crum-Cianflone, the director of the study.

New research published in The British Journal of Psychiatry found 85% of Iraq and Afghanistan veterans showed little or no PTSD symptoms over a decade. The 4.5% with "worsening-chronic" PTSD signs were mostly soldiers with severe combat experience.

Commenti

Secondo me gli psichiatri anzichè cercare di calcolare la "dose di guerra non nociva alla salute del soldato", farebbero meglio a cercare di dimosttrare la follia di tutte le guerre. Della serie: "non sono mai esitite una 'buona guerra' o una 'cattiva pace'"