Ansiolitici nelle acque di fiumi e mari e i pesci diventano più aggressivi

Disegno di un pesce ubriaco

Ansiolitici nelle acque di fiumi e mari e i pesci diventano più aggressivi. Residui di farmaci utilizzati dall'uomo si disperdono nell'ambiente, con conseguenze difficilmente prevedibili sull'equilibrio degli ecosistemi. I pesci, in particolare, cambiano comportamento esponendosi a maggiori rischi senza la protezione del gruppo. Fonte: http://www.repubblica.it

L'IMPATTO dell'uomo sull'habitat naturale dei pesci comporta nuovi pericoli per la specie: i farmaci ansiolitici che, attraverso le fognature, finiscono nei fiumi e in mare modificano il comportamento degli animali, rendendoli più aggressivi, asociali e voraci. Mutamenti del comportamento che hanno un impatto significatico, con conseguenze difficilmente prevedibili sull'ambiente.

A lanciare l'allarme è un gruppo di ricerca dell'università svedese di Umea in un lavoro uscito su Science. Una parte, anche se piccola, dei farmaci utilizzati dall'uomo si disperde nell'ambiente, dove queste sostanze possono venire assorbite da piante o animali. Tomas Brodin, insieme ai colleghi dell'università svedese, hanno osservato che il pesce persico selvatico europeo, sottoposto a dosaggio bassissimo di uno dei farmaci anti-ansia più diffusi, l'oxazepam, mangia più veloce, diventa più audace e si comporta in maniera anti-sociale.

Anche in piccole quantità - paragonabili a quelle che si riscontrano nelle acque nei pressi delle zone densamente popolate della Svezia, spiegano i ricercatori - il medicinale può quindi alterare il comportamento di questi pesci.

"Normalmente - ha spiegato Brodin, coordinatore della ricerca - il pesce persico è timido e caccia in gruppo. Si tratta di una strategia per sopravvivere e riprodursi. Gli esemplari che nuotano in acque in cui si sono riversati farmaci ansiolitici diventano però molto più audaci". Il farmaco li rende più coraggiosi, spingendoli a cacciare da soli, esponendosi così a maggiori rischi senza la protezione del gruppo.

"La soluzione al problema - conclude il ricercatore - non è eliminare i farmaci, ma sviluppare impianti di trattamento delle acque in grado di eliminare i residui di queste sostanze". Il gruppo di ricerca punta ora a capire quali conseguenze, difficilmente prevedibili, possa comportare un comportamento di questo tipo nell'equilibrio degli ecosistemi locali.

(14 febbraio 2013)